La Città di San Marco in Lamis risale con molta probabilità al X-XI sec. quando dei pastori trovarono rifugio tra le paludi (lamae) della zona per sfuggire alle incursioni dei saraceni. Per i primi secoli vive all’ombra del monastero di San Giovanni in Lamis e comincia ad avere autonomia solo a partire dal 1578 quando la sede della badìa viene trasferita dal monastero al Palazzo Badiale.
Nel Settecento si ha un notevole sviluppo demografico ed edilizio, mentre nel primo Novecento si ha un ulteriore aumento della popolazione dovuto allo sviluppo dell’agricoltura e dell’artigianato e alle raffinate lavorazioni in ferro, in legno e in oro.
Molto caratteristico è il suo centro storico (la Padula) situato a valle, con stradine in senso circolare collocate vicino alla Chiesa Madre. La più ricorrente tipologia edilizia è composta da alloggi con un unico vano, formati da uno o massimo due piani, alla quale si accede tramite i mugnali, con un unico affaccio su strada.
Da parte opposta due Santuari (Stignano e San Matteo Apostolo) fanno da cornice ad un territorio collocato nell’Ente Parco del Gargano con un ricco patrimonio boschivo di grande valore paesaggistico, naturalistico e scientifico. Tra i sentieri più apprezzati la Valle della Fajarama, una piccola incisione carsica che confluisce nel più esteso vallone di Stignano nei pressi del Convento di S. Matteo.
Ma è sicuramente con il Santuario di San Matteo Apostolo, in particolare, che la Città di San Marco in Lamis trova la sua collocazione storica.
Singolare è la presenza di due santi patroni della città: la Vergine Addolorata, nota per la celebrazione solenne e caratteristica delle Fracchie che l’accompagnano durante la processione del Venerdì Santo e San Marco Evangelista. A tale proposito, da alcuni è stata collegata l’origine del culto e del paese all’esistenza di due campane e all’autore fonditore. Si tratta del “Magister Manfredinus”, attivo a Venezia intorno al ‘300, ormai noto autore e fonditore di sei campane, tra le quali anche una delle due campane in bronzo che adornano il campanile della Chiesa della Madonna delle Grazie di San Marco in Lamis. La campana sammarchese, che porta la medesima firma delle altre “Magister Manfredinus me fecit”, secondo quella che potremmo definire una leggenda, fu trasportata nel centro garganico dai mercanti veneziani che dominavano le coste dell’Adriatico e che ne furono i fondatori.
Eretto dall’ordine benedettino attorno al X sec. d.C. con il titolo di “San Giovanni Battista de Lama”, al monastero si deve la fondazione di diversi borghi vicini, come San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo
L’edificio, oggi monumento di interesse storico nazionale, ha subito alterne vicissitudini legate alla storia locale. Nel 1177 i possedimenti abbaziali furono concessi in dote alla figlia di Enrico II d’Inghilterra, dal re normanno Guglielmo II d’Altavilla. Sul finire del XIII sec., oberato da debiti, il monastero, veniva ceduto all’ordine cistercense. Nel 1327, papa Giovanni XXII assegnava l’amministrazione dei beni all’arcivescovo di Siponto che ne divenne primo abate commendatario.
Nel 1578 Papa Gregorio XIII affidò il santuario all’ordine dei frati minori che vi trovarono la reliquia del dente dell’Evangelista San Matteo proveniente da Salerno e ne promossero il culto. Acquisito dal Comune di San Marco in Lamis nel 1867, nel 1905 veniva nuovamente affidato ai frati minori. La cessione fu completata nel 1939. La sua notorietà è legata, oltre che alla reliquia del dente dell’Apostolo San Matteo, ad una statua lignea della prima metà del 1300 esposta sull’altare maggiore della chiesa, già raffigurante il Cristo e che fu trasformata in San Matteo apostolo nel 1596.
L’ubicazione del Santuario lungo il percorso storico della Via Francigena, lo ha reso da sempre una tappa di sosta e di ristoro nel cammino da, o verso, Monte Sant’Angelo e più in generale da e verso la Terra Santa. La Via Francigena, oltre che dai pellegrini, è oggi frequentata da gruppi di camminatori che percorrono la rete di sentieri naturalistici interni al Parco Nazionale del Gargano e che trovano ospitalità e ristoro all’interno del santuario.
Inoltre, il Santuario di San Matteo è particolarmente caro ai transumanti, i cui tratturi provenienti dall’Abruzzo e dal Molise ne lambiscono il territorio in più punti.
Oltre che per l’attività di accoglienza dei pellegrini e come centro di spiritualità, il santuario di San Matteo è noto come centro culturale per la presenza di musei (sezione archeologica e Museo di Storia, Liturgia e Arte con centinaia di ex-voto), della Biblioteca francescana provinciale “P. Antonio Fania”, recentemente rinnovata e riconosciuta di “eccezionale interesse culturale”, e dell’Archivio Storico provinciale dei frati minori di Puglia e Molise, ospitati presso il convento.