La presenza di comunità rurali di età romana e tardoantica a ridosso di un’importante direttrice viaria costituisce il contesto nel quale dovette inserirsi, non prima della fine del V secolo, il progetto di costruzione di un edificio di culto cristiano con battistero autonomo, complesso di cui resta, quale unica testimonianza superstite, il piccolo edificio dalla planimetria circolare, la cosiddetta “Rotonda di San Giovanni Battista”, da cui discende anche la denominazione dell’abitato stesso di San Giovanni Rotondo.
La chiesa di San Giovanni è strutturalmente articolata in due corpi distinti: la Rotonda vera e propria, ossia il battistero altomedievale, e la Navata, un corpo rettangolare successivamente addossato al battistero verosimilmente a partire dall’XII secolo; in entrambi i corpi sono presenti affreschi medievali, per i quali è possibile individuare due – e in alcune zone tre – fasi successive: XIV – XV – XVI secolo. La Rotonda si collega all’aula per il tramite di un arco, chiaramente allargato in periodo tardomedievale.
Il fabbricato è stato tra l’altro oggetto nel tempo di interpretazioni controverse; una tradizione locale, non fondata su dati storici ma meramente mitografici, lo riteneva un tempio dedicato a Giano, successivamente trasformato; l’ipotesi che si trattasse di un battistero – suggerita già prima dell’avvio delle ricerche sistematiche solo recentemente conclusesi – oltre che dalla particolare conformazione, anche dalla stessa dedicazione con cui l’edificio è pervenuto ai giorni nostri, ha ricevuto la definitiva conferma nell’ottobre 2014, quando un sondaggio stratigrafico condotto all’interno della Rotonda ha consentito di mettere totalmente in luce i resti di una vasca battesimale dalla forma originaria non chiaramente ricostruibile, successivamente modificata in modo da farle assumere una forma semicircolare; essa è stata purtroppo danneggiata dallo scavo di una tomba, datata col metodo del radiocarbonio ai primi del Quattrocento.
I nuovi dati archeologici, avendo offerto un solido supporto alle ipotesi formulate in passato su base intuitiva, consentono dunque di arricchire ulteriormente il quadro delle presenze religiose apule in ambito rurale, che andarono infittendosi proprio nell’avanzato V secolo. Non ultima, in termine di importanza, è stata la scoperta di interessanti cicli pittorici medievali all’interno di tutto l’edificio. Le pitture parietali di San Giovanni Battista rappresentano anch’esse un unicum nel panorama di riferimento garganico. Nella cupola della Rotonda si snoda un ciclo pittorico, di indubbia ascendenza umbra anche se mediata da un programma di committenza di matrice napoletana, riguardante le opere di misericordia corporale prestate da Flagellanti, che rappresenta al momento un unicum nel panorama artistico medievale dell’Italia meridionale.
Si possono distinguere tre momenti principali nelle vicende della decorazione pittorica, che per secoli ricoprì interamente l’interno della chiesa, presentando ai fedeli immagini di singoli santi e scene tratte dai Vangeli. Le pitture più antiche, purtroppo scarsamente leggibili, risalgono al XIII secolo, mentre nel Trecento si colloca la più importante fase decorativa, che sembra aver coinvolto l’intera costruzione e che evidentemente è da collegare alla ristrutturazione in chiave gotica della navata; al primo Quattrocento risalgono, invece, alcuni pannelli visibili sulla controfacciata e nella Rotonda.
Pur frammentari e lacunosi, gli affreschi riemersi nella chiesa di San Giovanni risultano di grande interesse culturale perché, oltre a testimoniare le antiche vicende dell’edificio, arricchiscono l’orizzonte della pittura medievale della Capitanata fra XIII e XV secolo. La fascia mediana della cupola è suddivisa in grandi riquadri, in quello contrapposto al vano di accesso si nota una figura monumentale assisa in trono accompagnata da angeli reggicartiglio; la chioma e la barba canute, il nimbo crucigero e il libro aperto nella mano sinistra con le parole EGO SUM A(l)FA ET…, lo identificano come Antico dei Giorni (secondo la visione del profeta Daniele): questo soggetto è piuttosto raro in Puglia e risulta, pertanto, di grande interesse. Nella parte superiore della calotta sono affrescati quattro clipei raffiguranti il Tetramorfo (ovvero i quattro animali alati della visione apocalittica che sono associati, simbolicamente, ai quattro evangelisti): quello meglio conservato è l’uomo, simbolo dell’evangelista Matteo. I caratteri formali suggeriscono una collocazione tra fine XIII e inizio XIV secolo.
I restanti pannelli, realizzati fra fine Trecento e primi anni del Quattrocento, mostrano scene narrative inquadrate da un’elegante cornice che finge tarsie marmoree. Le scene, di formato monumentale, appaiono raffinate e ricche di particolari descrittivi che denotano uno spiccato gusto realistico. Non è escluso, pertanto, un collegamento con i flussi di pellegrinaggio che raggiungevano il Gargano attraverso la via interna, come confermato dalla presenza sia della raffigurazione di san Giacomo maggiore, sia di particolari (bordoni, scarselle e l’inconfondibile conchiglia di san Giacomo) che qualificano come pellegrini vari personaggi che compaiono nelle scene. Il soggetto agiografico svolto nelle scene è da riportare alla messa in pratica delle opere di misericordia corporale, soggetto del già citato ciclo.
Lungo la fascia mediana della parete sinistra della navata si trovano sei grandi pannelli, inquadrati da cornici che fingono tarsie marmoree del tutto differenti da quelli della rotonda e da attribuire ad altre maestranze in un diverso momento storico. Essi raffigurano gli episodi finali della Passione di Cristo, dalla salita al Calvario fino alla resurrezione. Il registro inferiore, invece, è decorato da un motivo a velaria (ossia che imita un tessuto ricamato drappeggiato).
Altri singoli pannelli con figure di santi erano campiti anche sulle pareti curve che raccordano la rotonda al corpo longitudinale; in particolare il restauro ha salvato un’effigie di sant’Antonio abate.
La controfacciata appare strutturalmente disomogenea, evidentemente a causa di molteplici interventi che hanno comportato la realizzazione di pitture in epoche diverse. Per eleganza spicca la scena tardogotica della Natività, mentre al XV secolo risalgono l’Annunciazione e la Trinità. Allo stesso momento appartiene anche il pannello con santa Lucia, realizzato sull’arco trasversale, che cinge la volta a botte acuta.
Particolare interesse riveste la soluzione iconografica scelta per la Trinità. La figura biancovestita e canuta dell’Eterno siede in Maestà con la destra benedicente e la sinistra nell’atto di reggere il libro sigillato. Sull’unico busto sono innestate due teste con aureola crocisegnata, al centro quella del Padre, a sinistra quella del Figlio giovinetto, mentre lo Spirito Santo in forma di colomba si trova a destra.A significare l’unita delle tre persone divine, già nel XIII secolo si diffonde una formula iconografica che presenta una unica figura con tre teste o tre volti (vultustrifrons). Condannate nel XVI secolo nel Concilio di Trento, tali immagini nel 1628 furono giudicate eretiche da Urbano VIII.